Tante viti piccole piccole

In molti si sono lamentati (giustamente) della difficoltà di riparazione dei nuovi MacBook Pro presentati da Apple al WWDC dell’11 Giugno: penso che il futuro dell’elettronica sarà sempre più in questa direzione, non tanto per motivi di miniaturizzazione quanto per motivi di facilità costruttiva.

Oggi viene tutto assemblato da tanti cinesi con tanti cacciavite piccoli piccoli.
Non si può pensare che vada sempre avanti così: il massimo della tecnologia con il minimo della tecnica di assemblaggio (i robot vengono usati solo per fare “i pezzi”).
Inoltre il poter assemblare con linee più “automatiche” sarà una possibilità dei probabili futuri impianti costruttivi che gli Stati Uniti presumibilmente torneranno a insediare sul loro territorio.
Questo sia per motivi di tutela della loro economia nazionale sia per una prevedibile minore convenienza a produrre in Cina (aumento dei salari, del tasso di cambio e rischio di instabilità politica).

Temo che l’ovvia ricaduta sui prezzi non sarà istantanea e per un pò pagheremo un portatile assemblato con la colla più di quanto valga…

5 pensieri riguardo “Tante viti piccole piccole”

  1. Complimenti Marco, mi piace questo articolo. Argomentazione interessante, stimolante, affascinante perchè “lega” benissimo con vari punti apparentemente distanti tra loro. Si potrebbe scrivere un saggio o un romanzo ipotizzando delle future possibilità.
    Rilancio. Credo che il “cambio”, il ritorno della produzione in casa propria avverrà solo quando ci sarà l’utilizzo delle nanotecnologie e cioè quando la “manovalanza” sarà altamente specializzata perchè il processo di produzione non sarà così distante da quello di progettazione.

  2. Conosco diverse persone che si occupano di delocalizzazione produttiva in Cina, anche ingegneri.
    Mi hanno detto che sono stupefatti dal basso livello “tecnico” degli impianti di assemblaggio, non perchè i cinesi non siano in grado di fare di più tecnologicamente, ma perchè con il loro costo del lavoro non conviene.
    La Cina è forte, ma non è invincibile.
    Se poi il gioco si farà davvero duro sul lato della tecnologia di produzione forse i duri cominceranno a giocare (Usa, Germania, Giappone).
    Intanto noi “resto d’Europa” siamo scesi dal treno, con il treno in piena corsa…

  3. Ma, non sono del tutto d’accordo: vi ricordo quel che disse Jobs a Obama nella famosa cena dei tycoon, cioè che aveva delocalizzato perché in Cina si trovavano senza difficoltà 200 ingegneri, mentre in America ci sarebbero voluti mesi. Ingegneri, non scimmie ammaestrate. È che i cinesi sono TANTI, e anche se diventa ingegnere uno su 10.000 sono pur sempre 170.000, e tutti a lavorare per l’industria. Trovarli 170.000 ingegneri negli USA (o in Italia, se è per quello)

  4. Vero, in Cina ci sono tanti ingegneri.
    Adatti al tipo di produzione che conoscono.
    Ma qui si sta parlando di un livelli di automazione di fabbrica che richiede meno ingegneri ma molto più specializzati. In questo campo gli USA sono ancora i più forti.
    Se la giocano, secondo me…

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